La storia

La storia dei Dons comincia nel 1889, anno in cui gli ex alunni della "Old Central School" decisero di fondare una squadra, denominata Wimbledo Old Centrals.
Quando, nel 1910, l' attività fu sospesa per la mancanza di uno spazio in cui poter praticare l' attività sportiva, il club fu sostituito dal Wimbledon Borough, il quale aggiunse ai giocatori rimasti dalla squadra precedente gli impiegati del distretto locale, il Borough, e lo stemma.
Dopo un anno di attività, il nome rimase, semplicemente, Wimbledon e anche la ricerca di una casa ebbe, finalmente, fine: il club si stabilizzò nei pressi di Plough Lane, dove, precedentemente, sorgeva un deposito di rifiuti e lì rimase per ben 79 anni.
In pochi anni, il Wimbledon divenne la formazione dilettantistica più temuta (contributo fondamentale fu fornito dai 5 trofei conquistati nella stagione 1930-31).
Dopo la Seconda Guerra Mondiale, periodo in cui l' attività fu sospesa, il Wimbledon perse l' ennesima finale di FA Amateur Cup (precisamente, nel 1947), trofeo stregato, per i Dons.
In quel periodo, cominciò a pesare la scelta di rimanere tra i dilettanti: per quanto ciò costituisse motivo di orgoglio per moltissimi tifosi, la realtà vedeva il club in crisi di risultati, a causa della forza acquisita dagli antagonisti, e finanziaria.
Una svolta arrivò grazie alla nomina, da parte del presidente Sydney Black, dell' allenatore Les Henley, il quale rimase alla guida della squadra dal 1955 al 1971.
Il connubio Black-Henley portò grandi innovazioni nel club; una di queste, che costituì anche motivo di allontanamento da parte di alcuni tifosi, fu quella di cominciare a retribuire, sottoforma di "premi partita", i calciatori. Tuttavia, il rinnovamento non si arrestò qui: cambiamenti tecnico-tattici, programmazione degli allenamenti, preparazione atletica, riflettori sul campo da gioco...tutte cose prima inesistenti, dalle parti di Plough Lane!
Il presidente Black, però, nutriva ambizioni maggiori: il suo intento era quello di entrare a far parte della Southern League, categoria semi-professionistica. La prima richiesta di adesione fu respinta; la seconda, complici il grande risultato nel primo turno di League Cup (i cui i Wombles sconfissero il Colchester Utd, in uno dei consueti "Giant Killing") e la vittoria della "stregata" FA Amateur Cup, nonché il ritiro del Clacton Town dalla Southern League, no. Era il 1964: i Dons salutarono il dilettantismo.
Gli inizi, nella nuova realtà, non furono affatto semplici. I risultati stentarono ad arrivare e molti tifosi non gradirono il passaggio al semi-professionismo: ad alimentare la loro passione per il Wimbledon era il suo spirito speciale; se avessero voluto seguire una squadra in ambito professionistico, le alternative blasonate, in zona, non sarebbero affatto mancate, grazie a Chelsea, Fulham e Millwall.
Questo momento negativo, per fortuna, scomparve e il club fu promosso nella Southern League Premier Division, categoria in cui si sfiorò, per varie volte, il titolo.
Nel 1968 arrivò, però, un fulmine a ciel sereno: la morte del presidente Sydney Black. Non si trattò di un evento privo di ripercussioni: i risultati cominciarono a scarseggiare e, nel 1971, Henley fu esonerato.
Dopo due manager che ottennero riscontri mediocri sul campo, il suo posto fu preso da Allen Batsford, allenatore proveniente dal Walton&Hersham, il quale riuscì a ricreare un gruppo spensierato ed allegro che, ben presto, fece parlare di sé per gli ottimi risultati in FA Cup.
Imprese da football britannico: nel terzo turno, i Wombles, militanti in Southern League, sconfissero il Burnley, allora ottavo in First Division (l' odierna Premier League) e, nel turno successivo, imposero un prestigioso 0-0 al Leeds United, Campione d' Inghilterra in carica e finalista di Coppa Campioni nella stagione precedente (nella ripetizione, giocata a Selhurst Park, data la capienza insufficiente di Plough Lane, il Leeds united si impose con il risultato di 1-0).
Il vento, per il Wimbledon, era cambiato e lo scopo di essere ammessi alla Football League era diventato palese. Il successore di Sydney Black, Bernie Coleman, dopo aver visto respingere le sue richieste di ammissione nel 1975 e 1976 (in passato, la promozione nella FL non si conquistava sul campo, ma tramite richiesta per sostituire i club che non avevano ottenuto buoni risultati, o non in possesso di buone infrastrutture), chiese aiuto ad una figura rilevante ed influente: Ron Noades.
Il risultato fu quello sperato: il 17 Giugno del 1977, il Wimbledon fu ammesso, per la prima volta in 88 anni, nella Football League.
Ron Noades, non avendo l' esperienza necessaria e le risorse per guidare un club professionistico, si fece affiancare dall' uomo di affari di origini libanesi, Sam Hammam. Ben presto, quest' ultimo entrò in conflitto con Batsford e lo sostituì con il manager della squadra riserve e delle giovanili, Dario Gradi, il quale evitò la retrocessione e, nel campionato successivo, conquistò la promozione in Third Division (categoria mantenuta per un solo anno).
Da questo momento in poi, per i tifosi Dons cominciarono le tribolazioni, nonostante i risultati continuarono a migliorare.
Nella stagione 1980-81 arrivò la prima folle proposta da parte di Noades: fondere Wimbledon e Crystal Palace (club che aveva acquistato, non essendo ancora in vigore le leggi che, oggi, vietano alla stessa persona di possedere due società calcistiche), trasferirsi a Selhurst Park e vendere Plough Lane. Inutile sottolineare come le due tifoserie manifestarono tutto il loro dissenso. Quando, nel Febbraio del 1988, i presidenti delle squadre di Football League si riunirono per dibattere della vicenda, respinsero il progetto e stabilirono che nessuno potesse diventare presidente di due club. Noades vendette le sue quote del Wimbledon e, dal board della squadra situata nel Borough di Merton, si vide respingere anche la seconda folle proposta: condividere il Selhurst Park, vendendo Plough Lane.
Cominciò, così, la scalata di Hammam ad azionista di maggioranza.
Al posto di Gradi, portato via, a metà stagione, da Noades, fu scelto Dave Bassett.
Le paure iniziali, circa un suo possibile fallimento, furono subito scongiurate dai buoni risultati inanellati sotto la guida del nuovo tecnico.
I risultati sorprendenti della "Crazy Gang" non si arrestarono e, nel 1986, arrivò la storica promozione in First Division (l' odierna Premier League), categoria in cui il club militò fino al 2000.
La promozione nella massima serie fu solo il preludio a quello che rimane il punto più alto della storia dei Dons: la conquista della FA Cup, nella finale contro il Liverpool, nel 1988.
Solo l' esclusione imposta ai club inglesi dopo la tragedia dell' Heysel impedì al Wimbledon di disputare la Coppa delle Coppe.
Durante quest' epoca di successi, il presidente Hammam sembrava coltivare ulteriori progetti per il club: stando alle sue dichiarazioni, nel 1988, fece portare avanti un' indagine di fattibilità riguardante la costruzione di un nuovo stadio a Wandle Valley, nel Borough di Merton, da 20000 posti a sedere.
A questo progetto (a suo dire, il secondo, dopo quello presentato nel 1978 per la ristrutturazione di Plough Lane) ne seguì un altro, denominato "Beddington Lane", anche questo respinto.
Questi rifiuti pare convinsero il presidente a desistere con il Borough d' appartenenza e a richiedere all' amico Noades di potersi trasferire, in affitto, a Selhurst Park, casa del Crystal Palace.
Le cose, in realtà, sembrano essere andate diversamente da quanto asserito da Hammam: nel 1984, senza far sapere niente a nessuno, aveva venduto Plough Lane alla Rudgwick Ltd, una sua compagnia e, inoltre, il Council, pronunciandosi circa il progetto di Wandle Valley, spiegò come, per costruire in quel sito, sarebbe stato necessario apportare delle migliorie all' area, a spese dello stesso proprietario dei Dons. Costi che, quest' ultimo, non voleva accollarsi. Inoltre, pare che il Council avesse indicato ben 13 aree, all' interno di Merton, come idonee alla costruzione e che per due di queste i permessi per una progettazione fossero stati concessi.
La situazione, dopo la tragedia di Hillsborough, si fece difficilissima: l' entrata in vigore del "Taylor Report" costringeva i club delle due massime serie inglesi ad adeguare i propri impianti alle nuove misure di sicurezza richieste. Il Wimbledon avrebbe dovuto eseguire i lavori entro il 1994. Tuttavia, c'era un problema: Plough Lane, così com'era, avrebbe visto ridurre la propria capacità a solo 6000 posti, decisamente insufficienti.
Si sarebbe potuto seguire l' esempio del Charlton, club che aveva condiviso lo stadio con Crystal Palace e West Ham, prima di poter tornare ad un "The Valley" ristrutturato e rispondente alle norme di sicurezza imposte. La salvezza, per lo stadio degli Addicks, era stata costituita dal vincolo a cui era soggetta l' area dello stadio, destinata a fini sportivi inerenti al calcio. In un caso diverso, la mossa più logica sarebbe stata quella di vendere e costruire un nuovo stadio altrove. L' errore, nella vicenda Plough Lane fu commesso dal Borough di Merton, il quale, nel 1990, eliminò un vincolo analogo e vendette ad Hammam una "covenant" (concessione).
A causa di questo errore, il Wimbledon perse il proprio stadio e questa triste notizia fu comunicata da Hammam con una semplice nota annessa al programma della partita casalinga in programma il 4 maggio della stagione 1990-91: ci si trasferiva in locazione a Selhurst Park, questo era quanto.
Teoricamente, si sarebbe dovuto trattare di una soluzione provvisoria, ma le cose andarono diversamente. La soluzione (seppur praticabilissima) di ristrutturare ed ampliare Plough Lane non fu neanche presa in considerazione, a causa dell' impossibilità di costruire, attorno all' impianto, cinema, negozi, centri commerciali; nella zona circostante all' impianto, infatti, furono negati gli "enabling developments" (i permessi di sviluppo) necessari.
Nel 1994, la speranza di tornare a Plough Lane fu, definitivamente, azzerata dalla cessione, da parte di Hammam, dell' area alla catena di supermercati "Safeway".
Va sottolineato come, nel 1991, ci fosse stato un ultimo, respinto, tentativo di fondere Crystal Palace e Wimbledon. Di questo pazzo progetto non si parlò più, ma le cose, per i Dons, non migliorarono.
Prese, infatti, piede un' altra idea malsana, dettata dal basso numero di tifosi della squadra: trasferire il tutto in una città diversa. Le possibili destinazioni erano molteplici: Basingstoke, Cardiff, Hull, Glasgow, Wigan, Belfast, Milton Keynes. Il becero modello da seguire era quello degli sport USA, in cui il club viene concesso in franchise, spostando nome, squadra e titolo altrove.
La possibilità che, inizialmente, rischio di andare in porto fu quella di Dublino. La richiesta, nel 1997, fu sottoposta al vaglio degli altri club della Premier League, i quali non si opposero.
Hammam, intando, fiutando l' affare, vendette l' 80% delle quote del club a due ricchissimi magnati dell' industria navale, i norvegesi Kjell Inge Rokke e Bjorn Gjelsten. I due erano convinti che il loro club, dalla stagione successiva, avrebbe disputato le gare interne a Dublino. Tuttavia, non si erano fatti i conti con la Federazione Irlandese, la quale, con un atto di estremo orgoglio e coraggio, espresse parere negativo sull' operazione. La FA Inglese, preso atto di questo rifiuto, decise di adeguare il proprio parere.
Nella stagione 1999-00, i nuovi proprietari norvegesi decisero di prendere in mano la situazione ed assunsero, nel ruolo di tecnico, un loro connazionale, Morten Olsen, il quale portò con sé molti giocatori di fiducia. L' esperimento non funzionò e la squadra salutò la massima divisione dopo 16 anni di permanenza.
Nelle due stagioni successive, la squadra sfiorò i playoff, senza, però, arrivarci.
Appena dopo la retrocessione dalla Premier, uno dei due proprietari, Gjelsten, aveva rialimentato le speranze circa un nuovo stadio e l' ipotesi Merton non era poi così irrealizzabile, considerando che, a seguito di forti proteste, l' area venduta da Hammam alla catena Safeway era rimasta libera e a disposizione del miglior offerente.
La situazione, tuttavia, era ben diversa: Koppell (cui Hammam aveva venduto il suo rimanente 20% di quote) era stato contattato dall' imprenditore Pete Winkelman, il quale gli comunicò di essere a capo del "Consorzio per lo Stadio in Milton Keynes" e di aver bisogno di una squadra da collocarvi.
Nel Luglio del 2001, gli azionisti del club votarono per il trasferimento e firmarono un accordo con Winkelman ed il suo consorzio. Il 2 Agosto dello stesso anno, Koppell scrisse alla Football League per comunicare la decisone presa, facendola passare per una via obbligata e nell' assoluto interesse del Wimbledon. Il 16 Agosto, la Football League respinse la richiesta di Koppell e soci perché le regole della Lega sanciscono, chiaramente, che ogni squadra deve giocare nella conurbazione dalla quale prende il nome. Purtroppo, però, il Wimbledon era tutt'altro che salvo. In seguito alle proteste degli avvocati di Koppell, il Consiglio di Lega decise di lavarsene le mani e di rimettere la decisione alla Football Association.
In questo marasma, i tifosi decisero di organizzarsi e di fondare il "Dons Trust".
La Football Association, formata una commissione ad hoc, annullò la precedente sentenza. La questione, quindi, tornò di competenza della Lega che, ancora lavandosene le mani, chiese alla FA di formare una commissione esterna. Il verdetto non cambiò.
I tifosi del Wimbledon, a questo punto, stanchi ed affranti per aver perso il loro club, decisero di fondare una nuova squadra, per poter partecipare alla stagione 2002-03. Il nome scelto ricalcava profondamente quello del loro club: AFC Wimbledon (l' acronimo AFC, per molti, potrebbe non stare a significare "Association Football Club", bensì "A Fans' Club"); inoltre, nei moduli appositi consegnati alla FA, come anno di fondazione fu indicato 1889, a voler mettere in chiaro come la nuova società non fosse un qualcosa di staccato dal Wimbledon FC, ma il Wimbledon stesso. Come campo di gioco fu scelto il "Kingsmeadow", stadio del Kingstonian. La categoria di ripartenza, fu la Combined Counties League, il nono gradino della "football pyramid".
Ad oggi, la situazione é notevolmente migliorata: i Dons sono tornati tra i professionisti al termine della stagione 2010-11 e i trofei del vecchio Wimbledon, usurpati al momento del trasferimento a Milton Keynes, sono stati restituiti al Borough di Merton.



* Come fonte per narrare la storia del Wimbledon ho utilizzato il libro di Stefano Faccendini, intitolato "Noi siamo il Wimbledon", edito da "Edizioni Clandestine", un testo di cui consiglio l' acquisto a chiunque abbia a cuore le sorti di questa squadra, o, semplicemente, di ciò che gli inglesi denominano "The beautiful game".

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